La timidezza: limite o risorsa?

Le persone timide possono incontrare difficoltà nella dimensione sociale e relazionale, sia nei contesti più formali (per esempio, in ambito lavorativo nel rapporto con i colleghi o con i superiori), che in quelli delle relazioni amicali o dei rapporti di coppia, specie nelle fasi della conoscenza e possono dunque incorrere in ostacoli di natura personale, sociale o professionale.

Secondo le stime, il 40% della popolazione italiana si descrive come timida e dunque la timidezza è un tratto molto comune, un insieme di emozioni, vissuti, atteggiamenti, che non deve essere necessariamente percepito come un difetto.

Philip Zimbardo, un ricercatore che ha dedicato molti dei suoi studi all’approfondimento scientifico della timidezza, ha affermato come la persona timida sia portata a tirarsi indietro nella vita e a nascondersi in sé stessa, celandosi dentro una corazza e “scegliendo la sicurezza della silenziosa prigione della timidezza”.

La timidezza è spesso accompagnata da un’elevata emotività e sensibilità, che si esprime attraverso il rossore in viso, la sudorazione, i tremori e l’incertezza nell’eloquio.

Sebbene nel nostro contesto socio-culturale la timidezza sovente non venga valutata positivamente, può al contrario divenire una risorsa, in quanto innesca vissuti e conseguenti comportamenti che possono costituire una difesa e una protezione dallo stare male e da possibili effetti negativi, in determinati frangenti di vita.

La timidezza d’amore è una forma particolare di timidezza cronica che riguarda quelle persone che non sono mai state in grado di instaurare relazioni sessuali o emozionalmente intime con altri.

L’introversione

Il primo ad elaborare il concetto di introversione in ambito psicologico è stato Carl Gustav Jung che nel 1920 lo ha contrapposto a quello di “estroversione”, identificando l’introversione e l’estroversione come due “tipi di personalità”.

La persona introversa è portata naturalmente a porre attenzione al proprio mondo interiore, ai propri pensieri ed emozioni, traendo soddisfazione da questa attitudine e lasciando in secondo piano la dimensione dell’interazione sociale. L’introversione si connota per essere caratterizzata da un ricco repertorio emotivo e da una spiccata intelligenza, mettendo a disposizione una dotazione di base che predispone ad un funzionamento strutturato, creativo e originale della personalità. L’introverso ama la solitudine, ha un atteggiamento schivo e tende ad essere diffidente e pessimista.

La sofferenza psicologica si può presentare in egual misura sia nelle persone estroverse che in quelle introverse, quando non manifestano al loro interno alcun elemento di estroversione.

Nella prospettiva proposta da Jung esistono differenti declinazioni dell’introversione che vengono così definite:

  • Sentimentale Introverso: è taciturno, riservato, malinconico, vive i propri sentimenti senza esprimerli all’esterno;

  • Pensatore Introverso: è riflessivo, chiuso al mondo esterno, immerso nei suoi pensieri astratti;

  • Sensoriale Introverso: è un artista, attraverso la sua soggettività interpreta e si relaziona al mondo circostante;

  • Intuitivo introverso: è un sognatore, crede nel potere dell’immaginazione.

L’ansia sociale

L’ansia sociale si configura come un vero e proprio disturbo, connotato dalla paura intensa di trovarsi in situazioni sociali, nelle quali si ha il timore di poter essere giudicati dagli altri. Inoltre spesso la persona teme di manifestare i sintomi d’ansia e che questi possano essere valutati negativamente, incorrendo in profondi vissuti di umiliazione e imbarazzo. Tale condizione conduce chi soffre di ansia sociale a evitare attivamente le situazioni sociali o a sopportarle con intensa paura e disagio. La paura sperimentata è francamente sproporzionata rispetto alla minaccia reale rappresentata dalla situazione sociale ed è tale da causare un disagio clinicamente significativo.

L’ansia sociale è un disturbo assai diffuso e la percentuale di persone che ne soffrono va dal 3% al 13%.

Il disturbo d’ansia sociale si esprime attraverso una serie di sintomi tra i quali troviamo: l’ipervigilanza verso gli sguardi, la postura e i gesti altrui, l’ansia anticipatoria, che emerge nel periodo precedente all’esposizione alla situazione temuta, i cali di concentrazione, che talora arrivano sino alla paralisi intellettiva, la propensione a distogliere lo sguardo se incrocia quello dell’altro, i tic nervosi, la balbuzie, il parlare troppo velocemente o con tono troppo basso, il tremore nelle mani o nella voce, la sudorazione eccessiva.

 

 

Dott.sa Erika Marchetti

Psicologa Psicoterapeuta