Autismo: che cos’è la selettività alimentare? 

Per i bambini e i ragazzi autistici il pasto può diventare un momento della giornata particolarmente difficile da affrontare e gestire per tutta una serie di modalità comportamentali e approcci al cibo particolari o bizzarri, quando non apertamente problematici, che possono essere per i genitori fonte di preoccupazione e intensa frustrazione. 

Numerosi e recenti studi hanno mostrato come le persone autistiche, in una percentuale elevatissima di casi, che sfiora l’87%, presentino problematiche inerenti l’area della nutrizione e dell’alimentazione e nella maggior parte delle situazioni il disagio sia conseguente proprio alla selettività alimentare (Ledford et al. 2006), che persiste talvolta in adolescenza (Bandini et al. 2017), tanto che alcuni autori hanno ipotizzato come la presenza di una difficoltà nell’alimentazione durante la prima infanzia possa essere impiegata come un campanello di allarme per la diagnosi di Disturbo dello spettro autistico (Keen, 2008).

La selettività alimentare, può assumere forme e modi di espressione tra i più vari, ma solitamente emerge nella forma del rifiuto di alcuni cibi, nell’assunzione di un solo alimento o tipologia di alimenti con un’alta frequenza oppure in un repertorio alimentare ridotto, talora estremamente limitato. In alcuni casi, si può manifestare, inoltre, la propensione a riempire la bocca con quantità eccessive di cibo, che risultano molto difficili da masticare oppure possono emergere condotte comportamentali, mediante le quali il bambino o il ragazzo porta alla bocca qualsiasi cosa, la tiene nella bocca o la ingoia, con evidenti rischi per la salute fisica. 

I bambini con selettività alimentare rifiutano di assumere alimenti nuovi o restringono il range di cibi graditi a causa di resistenze, che possono essere relative a diverse proprietà o componenti dei cibi, quali la consistenza, il gusto, l’odore, la temperatura, l’aspetto e la presentazione. Occorre tenere presente, tra gli altri fattori, come nel 90% dei bambini e dei ragazzi autistici siano presenti atipicità nel processamento sensoriale degli stimoli, di tipo percettivo, sensoriale, olfattivo, visivo e uditivo, che possono avere un impatto anche considerevole sui pattern alimentari. Inoltre, la letteratura scientifica riporta la presenza, in una percentuale non irrilevante di casi, di anomalie a livello della motilità orobuccale, che possono influenzare la nutrizione. 

La proposta di un cibo non gradito può essere accompagnata da reazioni comportamentali che vanno dal pianto, ai vocalizzi e alla lamentela, per poi arrivare a lanciare il cibo o gettarlo a terra, sputarlo, allontanarsi dalla tavola oppure agire condotte auto o etero aggressive.   

Sebbene in alcuni casi la selettività alimentare assuma un carattere transitorio, può accadere che invece tale problematica permanga a lungo e necessiti dunque di un intervento mirato.

L’intervento nei casi di selettività alimentare

Il primo step di un intervento è senz’altro la fase valutativa. Oltre alla raccolta dei dati anamnestici (anamnesi fisiologica e patologica remota), un passaggio imprescindibile è quello della valutazione dello stato nutrizionale, che deve essere svolta da un professionista con formazione ad hoc. Tale valutazione preliminare consente di capire meglio se è soddisfatto il fabbisogno alimentare della persona, ovvero se la quantità di energia e di nutrienti apportati, è sufficiente a garantire lo stato di salute e il benessere dell’individuo, in relazione alla crescita e allo sviluppo di quest’ultimo. Sebbene l’intervento d’elezione nel caso della selettività alimentare sia di tipo comportamentale e investa in primis i genitori e solo in seconda battuta il bambino o il ragazzo, il supporto del nutrizionista, in collaborazione con gli altri terapisti, è assolutamente prezioso, poiché in caso di necessità andrebbe a stilare un piano alimentare personalizzato, in grado di contenere, per quanto possibile, le conseguenze negative della selettività, quali ad esempio un’eccessiva perdita di peso, la malnutrizione o possibili ritardi nello sviluppo. 

L’intervento comportamentale deve necessariamente partire da un esame delle dinamiche poste in essere dal bambino o dal ragazzo al momento del pasto e dalle modalità/risposte adottate in relazione ad esse da parte degli adulti di riferimento, per poi lavorare sulla scia dei dati osservativi rilevati. 

È possibile tuttavia proporre alcuni spunti pratici, che possono rivelarsi utili nella maggior parte delle situazioni:

  • Durante il pasto occorre creare un ambiente il più possibile tranquillo, sereno e con pochi stimoli esterni (es. spegnere il televisore, la radio, evitare tablet o giochi), che possono distogliere l’attenzione, confondere o iperstimolare la persona.
  • È importante non desistere dal proporre alimenti nuovi, che devono essere introdotti gradualmente ma con costanza.
  • Quando viene introdotto un nuovo alimento non è necessario che il bambino o il ragazzo lo assumano, è sufficiente che tollerino di vederlo posto nel piatto o sulla tavola o che accettino di manipolarlo, odorarlo, avvicinarlo alle labbra. Può essere molto utile per i bimbi più piccoli proporre i cibi durante il gioco (es. colorare con gli spinaci, con la salsa di pomodoro) per aiutarli a prendere confidenza con le consistenze e gli odori diversi e per i più grandi coinvolgerli nella preparazione dei pasti, nel tagliare le verdure, mescolare le pietanze, ecc.
  • Può essere d’aiuto proporre una quantità minima del nuovo alimento da introdurre assieme ad una quantità più abbondante di un cibo preferito, spiegando per esempio al bambino che potrà mangiare una fetta di pizza su cui viene posto un pezzetto di zucchina. 
  • Invitare il bambino o il ragazzo a rimanere seduto sino alla conclusione del pasto, anche se in tavola o nel piatto è presente un alimento a lui sgradito. 

È possibile in caso si rilevi la necessità scegliere di confrontatosi con professionisti esperti in materia nutrizionale e psicologica così da poter creare un opportunità di raccordo e confronto per sostenere al meglio i bambini e i genitori e diventare più consapevoli delle risorse e delle difficoltà riguardanti il tema.

 

Dott.sa Erika Marchetti

Psicologa Psicoterapeuta