La gelosia: un’emozione che nasce dall’amore

Iniziamo con il dire che la gelosia è un sentimento del tutto normale, che deriva dal fatto che quando vogliamo bene ad un’altra persona, è naturale diventarne, in qualche misura, gelosi. Quello che è importante è supportare i più piccoli nel riconoscere questa emozione, per comprenderla e imparare a gestirla.

Senz’altro uno dei momenti più delicati, in cui i bambini sperimentano la gelosia, è quello della nascita di un fratellino o di una sorellina. Mentre alcuni bambini manifestano fin da subito questa emozione, altri la rendono meno visibile e apparentemente sembrano accogliere il nuovo arrivato, per poi lasciar emergere in altri contesti o con altre modalità i loro vissuti.

Teniamo presente che essere il figlio maggiore, il primogenito, non significa in alcun modo che il bambino debba essere più responsabile, un esempio per gli altri fratelli; potrà rivolgere loro le sue attenzioni e magari rispondere alle esigenze dei fratellini più piccoli, ma nei tempi e nei modi che vorrà, non a seguito di una richiesta da parte dell’adulto. Ogni bambino, infatti, deve sentirsi importante e valorizzato nella sua unicità, per le sue doti e qualità, non in relazione al ruolo che assume nei confronti degli altri!

Come si manifesta la gelosia nel rapporto tra fratelli?

In generale, la relazione tra fratelli è una dimensione complessa, potenzialmente molto arricchente, connotata da vicinanza, complicità, affetto, ma anche da incomprensioni, fatiche e disaccordi.

La gelosia può esprimersi attraverso litigi, esplosioni di rabbia e comportamenti aggressivi, ma anche nella competizione, per esempio nel gioco o mediante confronti che il bambino opera con i fratelli. Su quest’ultimo punto ricordiamoci che il nostro comportamento può, in misura più o meno consapevole, contribuire a rinforzare questo sentire del bambino, quando ci troviamo a lodare uno dei nostri figli per un risultato raggiunto, in ambito scolastico, sportivo o relazionale, ponendo gli altri nella posizione di confrontarsi con tale successo, mentre magari dal canto loro stanno facendo esperienze diverse, in alcuni frangenti non appaganti o decisamente frustranti. Per esempio, dovremmo sempre interrogarci su quanto sia importante per noi che nostro figlio prenda un buon voto a scuola o vinca la partita di calcio, come viva il bambino queste esperienze e come le stesse vengano lette dalla prospettiva di un fratello, che può non avere interesse nella scuola o nello sport, ma nell’arte, nella musica o in qualsivoglia altra dimensione.

Come possono intervenire i genitori?

Uno degli aspetti sui quali maggiormente i genitori si attivano, sia su un piano emotivo che delle azioni da mettere in atto, è quello delle “regressioni”. Ho volutamente messo il termine regressione virgolettato perché potrebbe erroneamente far pensare che un bambino, dinnanzi ad un evento di vita così impattante come l’ingresso di un nuovo membro in famiglia, possa regredire, tornare indietro, perdere delle abilità già acquisite. Non è assolutamente così! I bambini semplicemente si trovano a mettere in atto comportamenti propri di una fase precedente dello sviluppo, al fine di comunicare un bisogno di accudimento, vicinanza, rassicurazione. Questi movimenti del bambino devono essere accolti, non dobbiamo giudicarli o spaventarci di fronte a tali cambiamenti, ma metterci in ascolto di quello che il bimbo ci sta comunicando attraverso il suo comportamento.

E’ importante, a tale riguardo, lavorare in maniera tale che ciascun bambino possa avere degli spazi di rapporto privilegiato ed esclusivo con entrambi i genitori, ma ciò che è veramente essenziale è che l’adulto custodisca uno spazio mentale per ciascuno dei propri bambini, valorizzando le specificità e unicità di ognuno di loro.

E’ fondamentale, infine, che ciascun genitore, per poter supportare e intervenire efficacemente nelle dinamiche tra fratelli, proceda in primis ad un lavoro di rielaborazione personale, mettendo a fuoco le emozioni che inevitabilmente si giocano nel rapporto con ciascun figlio. Nel contesto di questo lavoro potremmo scoprire di sentire una maggiore affinità con uno dei bambini, magari perché ci assomiglia maggiormente e ci sembra più semplice comprenderne comportamenti e pensieri e si potrebbe giungere a prendere atto che questa maggiore vicinanza con uno dei nostri figli attivi in noi comportamenti differenti con un bimbo piuttosto che con l’altro. Nel confronto con questa realtà è bene tenere presente che non c’è nulla di male in quello che sentiamo, ma è altresì importante appropriarci di questi nostri vissuti e tenerli presenti nel momento in cui ci relazioniamo con i nostri figli.

 

 

Dott.sa Erika Marchetti

Psicologa Psicoterapeuta