Nel corso dei primi anni di vita del bambino possono emergere delle difficoltà a sviluppare ritmi sonno-veglia regolari e prevedibili, che costituiscono solitamente una fonte di preoccupazione particolarmente rilevante per i genitori. Nella maggior parte delle situazioni, si tratta di problematiche transitorie e correlate a fattori di ordine fisiologico (es. la maturazione del sistema nervoso), affettivo o relazionale, inerenti lo sviluppo del bambino. In una percentuale più limitata di casi, invece, queste criticità possono perdurare nel tempo e avere un impatto significativo sul benessere psico-fisico del piccolo, finendo con il rientrare in una condizione clinicamente significativa, meritevole di una valutazione specialistica e di un’eventuale presa in carico di tipo terapeutico. 

I disturbi del sonno: tre categorie

In linea generale, i disturbi del sonno nell’infanzia rientrano in tre categorie: 

  • Le dissonnie (risvegli notturni, difficoltà di addormentamento ed eccessiva sonnolenza);
  • Le parassonnie ( il pavor nocturnus, gli incubi notturni e il sonnambulismo);
  • I disturbi del sonno associati a patologie medico-psichiatriche, come la sindrome dell’apnea notturna.

La maggior parte dei bambini, nei primi anni vita, si sveglia una o più volte, durante la notte, per brevi periodi di 1-5 minuti, nonostante i genitori il più delle volte non se ne accorgano, poiché il piccolo ha un risveglio silenzioso, non piange e non richiede l’intervento dell’adulto. Dopo gli otto mesi di età, i risvegli notturni vengono considerati “problematici” o “non problematici” a seconda della capacità del bimbo di riaddormentarsi dopo un risveglio. La questione da tenere presente non è dunque la frequenza dei risvegli notturni, ma il disagio che il bambino manifesta in concomitanza a questi ultimi.

Per circa il 10% dei bambini di un anno di età, il momento di andare a letto può risultare particolarmente faticoso, poiché può emergere una preoccupazione, talora intensa, di separarsi dal genitore. Può accadere inoltre che le difficoltà di addormentamento si ripetano quando il bimbo non riesce a riprendere sonno dopo i risvegli notturni. In questi frangenti il piccolo si comporterà in modo tale da richiamare l’attenzione dell’adulto e ricercarne attivamente il conforto. Nei bambini più grandi, l’ansia da separazione può manifestarsi più frequentemente attraverso la strutturazione di fobie specifiche (ad esempio, per il buio o per lo stare da soli). In questi casi la creazione di rituali per l’addormentamento può essere estremamente utile per aiutare il bambino a sentire un controllo più forte sui propri stati interni e sugli eventi esterni. 

Il terrore notturno (pavor nocturnus) si concretizza in episodi, della durata da 1 a 15 minuti, in cui il bambino si sveglia, solitamente durante le prime ore del sonno e appare terrorizzato e fortemente agitato. Tra i segnali comportamentali più frequenti, è possibile rilevare la presenza di un eloquio confuso e incoerente, pianto, tachicardia, tachipnea, vampate cutanee, sudorazione, dilatazione delle pupille e aumento del tono muscolare. Benché in apparenza il piccolo sembri sveglio, in realtà non lo è e si trova nello stadio 4 del sonno. Solitamente il pavor nocturnus è un disturbo transitorio, che si risolve spontaneamente con lo sviluppo; l’intervento specifico è consigliabile solo nei casi in cui sia molto frequente o persistente nel tempo. 

Gli incubi, sogni dal contenuto angosciante e pauroso, si verificano nelle ultime ore della notte, in corrispondenza del sonno REM e, contrariamente a quanto accade per i terrori notturni, producono immagini mentali, che vengono poi ricordate dal piccolo al risveglio e ciò può protrarre i vissuti di paura ed ansia ad esse correlate. Questo può comportare una difficoltà del bambino a tornare a dormire. 

Il sonnambulismo è uno stato di coscienza alterata, che vede la presenza concomitante di fenomeni caratteristici del sonno, insieme ad altri tipici della veglia. Durante un episodio di sonnambulismo, il bambino può alzarsi dal letto, camminare per la stanza o la casa, con il rischio che possa addirittura uscire all’esterno. Il pericolo maggiore è infatti costituito dalla possibilità di incorrere in incidenti, stante la scarsa coordinazione motoria e l’assenza di una direzionalità nei movimenti. Solitamente, successivamente all’episodio, non permane il ricordo di quanto accaduto.

La sindrome da apnea notturna costituisce, infine, il disturbo infantile del sonno, su base organica, più comune e si manifesta con un arresto della respirazione durante il sonno. L’ipoventilazione sveglia il bambino, che ritorna così a controllare la respirazione. 

È importate qualora si rilevasse una di queste situazioni appena descritte valutare di rivolgersi ad un professionista, esperto in materia, cosi da potersi confrontare su quali possibili soluzione di aiuto possano essere intraprese, trovando uno spazio di aiuto e confronto a sostegno del genitore.

 

Dott.sa Antonia Palumbo

Pedagogista Clinico