Che cos’è la fototerapia?
Quando si parla di fototerapia ci si riferisce ad un insieme di tecniche, impiegate nell’ambito di sessioni di psicoterapia individuale o di gruppo, che utilizzano materiale fotografico, fornito direttamente dal paziente o realizzato da altri, al fine di stimolare la comunicazione e l’emergere di vissuti e affetti nel setting terapeutico. Una delle esponenti di maggiore spicco nell’ambito della fototerapia è la psicologa e arte terapista, Judy Weiser, autrice del volume intitolato “Fototerapia. Tecniche e strumenti per la clinica e gli interventi sul campo”. Nel suo libro la Weiser riporta come nella sua pratica clinica impieghi le fotografie nella veste di stimoli, capaci di far venire alla luce memorie, pensieri e sentimenti celati profondamente nel mondo interno dei pazienti. Nello specifico l’autrice definisce queste esperienze con il termine di “esplorazioni fotografiche”, che si verificano quando una persona è chiamata a parlare di sé, a partire da alcune foto, specie quelle che la ritraggono in prima persona.
Chi sono i destinatari di questa tecnica?
Sono tantissimi e non solo gli operatori che lavorano nel campo della salute mentale, (psicologi, psicoterapeuti e psichiatri), ma anche tutti coloro che operano in ambito educativo, le scuole, i campi estivi, i centri di aggregazione giovanile, le case di riposo per gli anziani. Naturalmente al di fuori dell’ambito terapeutico, l’utilizzo della fototerapia, deve essere implicata con una valenza esclusivamente esplorativa e come stimolo alla riflessione e al confronto, mai con un intento clinico o riabilitativo.
A cosa serve la fototerapia e per cosa è indicata?
Gli ambiti di impiego per la fototerapia sono tra i più vari. Abbiamo citato prima la scuola e l’intervento clinico, ma pensiamo a quanto questo strumento possa essere fruibile e implementabile in modo versatile nei contesti multiculturali, dove la possibilità di comunicare attraverso uno stimolo visivo e artistico consente di superare e andare oltre i limiti imposti dalle barriere linguistiche e culturali. Inoltre occorre sfatare, sin dal principio, un falso mito che potrebbe essere veicolato dal termine “terapia”. La fototerapia infatti non è soltanto uno strumento clinico, al servizio di chi sta affrontando un particolare frangente di malessere emotivo o psicologico. Tutt’altro! Può essere utile a ciascuno di noi, come un mezzo per esplorare e approfondire la conoscenza del proprio mondo interno, nell’ottica di un percorso di crescita personale. Come ben evidenziato dalla Weiser infatti la fotografia in quanto “arte simbolica dà forma a contenuti emotivi che altrimenti resisterebbero alla traduzione conscia o all’investigazione verbale”. Dall’altra parte non importa che le fotografie, sulle quali si lavora, siano esteticamente perfette, non è questo il punto. La fotografia viene impiegata esclusivamente nella forma di una comunicazione emotiva, che può esprimersi in qualsiasi tipo di foto, anche in quelle sfocate, imperfette o sgualcite dal tempo.
Come la psicologia utilizza le foto in terapia
L’impiego delle foto in terapia deve essere inteso come uno strumento aggiuntivo, nel bagaglio di tecniche, che fanno parte della “cassetta degli attrezzi” di ciascun terapeuta, un mezzo che si rivela importantissimo quando, come spesso accade, le parole non bastano, non sono sufficienti o adeguata a racchiudere aspetti profondi del funzionamento e del mondo interno del paziente, che in quanto tali sono difficilmente traducibili in un contenuto. Come è giusto che sia dunque la fototerapia è una tecnica che non può e non deve sostituire la formazione professionale in psicoterapia e lo studio delle teorie psicologiche. Inoltre, l’impiego del materiale fotografico ha senso solo se viene impiegato nel contesto dell’interazione della diade terapeuta e paziente, che crea e costruisce un significato all’esplorazione dell’immagine. Dal canto suo, il terapeuta avrà un’occasione in più per poter vedere cosa vedono e come vedono le persone con cui si trova a lavorare, riflettendo sui vissuti e sui pensieri evocati dall’immagine, sfogliando insieme un album e scoprendo perché una foto sia stata scattata in quel modo, da quell’angolazione, in quel preciso momento.