ERICH FROMM: LA SOLITUDINE E L’ARTE DI AMARE

Alcuni psicoanalisti, come Erich Fromm, considerano la dimensione della solitudine come la fonte primaria dell’angoscia e partendo da questo presupposto mettono a fuoco il senso di impotenza, inerente alla condizione di separazione di base dell’essere umano. 

Proprio a tal proposito Erich Fromm osserva come “la consapevolezza che l’uomo morirà prima di quelli che ama, o che essi moriranno prima di lui, il senso di solitudine, d’impotenza di fronte alle forze della natura e della società, gli rendono insopportabile l’esistenza”. Le persone, al fine di evitare tali sensazioni intollerabili e i conseguenti vissuti, spesso conflittuali, di ansia e depressione, sono indotte ad uscire dall’isolamento e ad unirsi ad altri uomini, ad aprirsi alla realtà esterna, “ad evadere dalla prigione della propria solitudine”. 

Il senso di solitudine, in particolare, viene concepito dall’autore come l’origine di ogni ansia e come connesso connesso alla percezione di essere indifesi e “incapaci di penetrare attivamente nel mondo che ci circonda”. 

L’incontro e l’unione con l’altro è una delle emozioni più intense della vita di ogni uomo, specie se quest’ultimo proviene da una condizione personale di solitudine e isolamento, tanto che potrebbe essere portato a scambiare “l’intensità dell’infatuazione per la prova dell’intensità del suo sentimento, mentre potrebbe solo provare l’intensità della sua solitudine”. 

Il problema fondamentale dell’essere umano è come superare la solitudine e raggiungere l’unione con l’altro. Le soluzioni individuate dall’uomo per rifuggire ai vissuti di solitudine sono molteplici, alcune sono considerate maggiormente funzionali e socialmente approvate e altre meno. Una delle modalità più comuni per superare l’isolamento è l’unione con il gruppo, che salva l’uomo dal terrore della solitudine e dalla paura di essere diverso. Spesso questa unione viene raggiunta mediante il conformismo oppure come risultato di una routine e si rivela dunque superficiale e incapace di contenere l’ansia della solitudine, tanto che l’uomo finisce per dimenticare che “gli è concessa un’unica occasione di vivere, con speranze e delusioni, dolori e timori, con desiderio di amare e il terrore della solitudine e del nulla”.

LA SOLITUDINE COME CONDIZIONE ESISTENZIALE DELL’ESSERE UMANO

Irvin Yalom parla della solitudine come un vissuto conseguente alla scoperta dell’essere il proprio genitore e dalla responsabilità esistenziale, che ciascun individuo ha nei riguardi del proprio percorso di vita. Sebbene sovente il fatto di stare all’interno di un rapporto di coppia venga percepito come preferibile rispetto allo status di single, in realtà solo passando attraverso delle esperienze di solitudine è possibile per ciascuno di noi aprirsi all’altro e al mondo e uscire così dalla dimensione della delega e della dipendenza. Inoltre, è illusorio pensare che lo stare in una relazione di coppia possa eliminare la solitudine, poiché ogni essere umano è fondamentalmente solo nella propria esistenza.

 

 

Dott.sa Erika Marchetti

Psicologa Psicoterapeuta