Comunicazione e linguaggio nel bambino
L’acquisizione del linguaggio è una delle componenti che prende il via già dalle prime ore di vita di un neonato e secondo alcuni teorici anche precedentemente, durante la gestazione, la capacità di un bambino di fare propri quelli che vengono definiti come i prerequisiti della comunicazione costituisce un indicatore del successivo sviluppo linguistico, sebbene non abbia una funzione predittiva rispetto a quelle che saranno le capacità verbali del piccolo nella prima infanzia.
Il primo prerequisito che emerge già nei primi giorni di vita del bambino è la preferenza di quest’ultimo per il volto umano rispetto ad altre forme; i neonati sono attratti dai contorni definiti del viso e dal segmento costituito da fronte-naso-occhi, la preferenza per il volto, e più nello specifico per gli occhi, costituiscono la base imprescindibile per lo sviluppo dei primi scambi interattivi faccia a faccia, che compaiono nel secondo mese di vita.
Nel 5° mese di vita assistiamo all’emergere di un ulteriore prerequisito che consiste nella capacità del bimbo di prestare attenzione congiunta con l’adulto rispetto ad un soggetto terzo estraneo all’interazione mamma-bambino.
Insieme all’attenzione congiunta è possibile inoltre notare la comparsa della sintonizzazione emotiva con gli stati affettivi dell’adulto di riferimento per cui il bambino, ad esempio, risponde con un sorriso al volto sorridente della madre, è proprio in questa fase dello sviluppo che compaiono le cosiddette “protoconversazioni”, scambi vocalici tra mamma e bambino, che si configurano come il modello di riferimento degli scambi conversazionali adulti e ne comprendono le connotazioni salienti quali l’alternanza del turno, le pause, l’intonazione, diventando a tutti gli effetti un membro che partecipa attivamente.
Intorno ai 9-12 mesi il piccolo comincia ad utilizzare i cosiddetti gesti deittici e comunicativi, prima per richiamare l’attenzione di un adulto su un oggetto o ottenere che agisca su quest’ultimo (dare, mostrare, chiedere), in seguito per comunicare qualcosa (es. salutare, fare silenzio) quanto detto è un’acquisizione fondamentale perché denota la capacità simbolica del bambino, che è un elemento imprescindibile per lo sviluppo delle capacità linguistiche e solitamente l’emergere dell’uso dei gesti precede di poco la comparsa delle prime parole.
Bambini parlatori tardivi: la definizione
Nella letteratura scientifica si definisce parlatore tardivo un bambino che a 24-30 mesi possiede un vocabolario produttivo inferiore alle 50 parole e non combina due parole in un unico enunciato (Rescorla, Schwartz, 1990).
Si tiene a precisare che c’è grande variabilità tra un bambino e l’altro, per cui alcuni bambini semplicemente acquisiscono le tappe dello sviluppo linguistico e comunicativo più lentamente rispetto alla media dei coetanei, senza che ciò abbia poi un effetto sulle competenze comunicative negli anni successivi e nell’età adulta, ogni bambino è a se e segue un suo ritmo di crescita, una volte esclusa la presenza di problematiche organiche, sensoriali o fono articolatorie di interesse logopedico, possiamo attendere il suo tempo.
È importante specificare come il genitore debba potersi fidare delle sue intuizioni relativamente allo sviluppo del bambino rivolgendosi in caso di dubbi o preoccupazioni così da lasciar andare l’ansia che potrebbe accompagnare la dimensione dell’attesa.
A questo proposito è possibile chiedere un aiuto rivolgendosi a figure specializzate che possono accompagnare i genitori, attraverso training, in questa specifica fase della vita del loro bambino.
I training hanno lo scopo, a seguito di una valutazione, di indirizzare la figura genitoriale verso uno stile comunicativo funzionale in relazione alle caratteristiche specifiche del bimbo e del contesto ambientale dove sono inseriti, con l’intento di fornire, attraverso esercizi pratici, le strategie più funzionali per stimolare l’intento comunicativo.
Consultare uno specialista è un passaggio importante per avere la certezza che si tratti di un semplice ritardo e poter scegliere, acquisendo competenze specifiche, di essere di aiuto e sostegno al proprio bambino.
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Erika Marchetti, psicologa e psicoterapeuta, descrive le tappe dello sviluppo della comunicazione nel bambino e identifica, fase per fase, i campanelli d’allarme che dovrebbero essere presi in considerazione dai genitori.
Antonia Palumbo, pedagogista clinica, ci presenta alcune valide strategie per incentivare la comunicazione nei bambini parlatori tardivi.