Centri estivi e inclusione

I centri estivi sono spazi educativi e di socialità, attivi durante il periodo di chiusura delle scuole, tendenzialmente da giugno a settembre, gestiti da enti no profit, cooperative sociali, associazioni di promozione sociale, sportive o enti privati.

Città o località di villeggiatura sono spazi importanti, non solo perché offrono un supporto per le famiglie nei momenti di chiusura scolastica ma perché possono essere delle opportunità di scoperta e condivisione che incentivano la crescita dei bambini e dei ragazzi.

È importante se parliamo di centri estivi, in particolare modo in questo articolo faremo riferimento a quelli gestiti da personale educativo specializzato, parlare dell’inclusione come focus principale della progettazione educativa del servizio.

Il tema all’inclusione è un tema importante, molto discusso in ambito educativo e non solo, il quale si auspica sia il fine non solo dei servizi specializzati ma anche quelli ricreativi o sportivi.

Per sensibilizzare e dare visibilità a questo tema, abbiamo deciso di condividere delle possibili linea guida per i servizi e per gli educatori che vi lavorano, che accolgono i bambini con disabilità affinché l’inclusione sia reale e, non solo una parola scritta su una brochure.

Quando parliamo di inclusione in ambito educativo a cosa ci riferiamo? 

Come un educatore o un’educatrice può lavorare affinché l’inclusione sia reale all’interno di un servizio? 

Nello specifico affrontiamo il tema dell’inclusione dei bambini e ragazzi con Disturbo generalizzato dello sviluppo, andando a declinare quelle che sono le caratteristiche organizzative e progettuali affinché un servizio possa essere definito realmente inclusivo.

Partiamo dalla consapevolezza che leducazione di bambini e ragazzi con diagnosi di disturbo generalizzato dello sviluppo necessita di organizzazione e personale adeguatamente formato, il progetto educativo del servizio deve orientarsi, ed essere strutturato, affinché le attività che vengono proposte, durante le giornate di frequenza, permettano di vivere quest’esperienza nel rispetto di quelli che sono i bisogni e i desideri di ogni singolo bambino, offrendo un’occasione di divertimento e di valorizzazione delle competenze e delle autonomie.

Tutto ciò è realizzabile solo partendo dalla considerazione che la cura e il rispetto della diversità, che caratterizza ogni bambino non solo i bambini disabili, è l’elemento da valorizzare e deve essere la chiave che guida la progettazione stessa.

Parlare di inclusione per noi significa avere cura di ogni bambino o ragazzo che incontriamo, rispettando i suoi tempi, i suoi bisogni e i suoi desideri facendo si che la struttura dove viene realizzato il servizio, le attività e i materiali diventino strumenti facilitanti e non ulteriori barriere.

Un centro estivo accessibile a tutti è possibile, basta mettersi in ascolto delle famiglie e dei bambini che incontriamo, valorizzando la diversità di ognuno, caratteristica che accomuna tutti gli esseri umani e li rende così preziosi e importanti.

A tal proposito riflettiamo insieme: cosa è importante fare prima di attivare un servizio affinché l’inclusione sia realmente possibile?

Fondamentale risulta essere, nella fase di avvio. Mettersi in connessione con le famiglie dei bambini offrendo la possibilità di un colloquio individualizzato qualora ci siano necessità specifiche da rilevare, oltre ad organizzare una riunione plenaria aperta a tutte le famiglie per raccontare come sarà organizzato il centro estivo e quale sarà il tema principale, ad esempio viaggio o le fiabe, della progettazione educativa.

Risulta essere una figura chiave quella del referente pedagogico che si metterà, in seguito alla fase di conoscenza con le famiglie, in connessione con il team educativo per co-costruire le attività.

Mettersi in ascolto delle famiglie significa iniziare a conoscere i bambini, poterli accogliere al meglio e dare a loro l’occasione di conoscere in anticipo spazi e i tempi caratteristici del servizio.

I bambini con disturbo generalizzato dello sviluppo posso aver la necessità di conoscere lo spazio che andranno ad abitare per il periodo di frequenza, i materiali che saranno a disposizione e le persone che incontreranno, se non tutte, almeno gli educatori che saranno i suoi riferimenti,  prima dell’inizio del servizio facilitando così la fase di inserimento iniziale. 

Questo è possibile accordandosi con la famiglia per una visita guidata in cui l’educatore può essere un tramite che informa, accoglie e osserva in maniera rispettosa e silenziosa.

A seguito di una conoscenza iniziale è bene lavorare sulla progettazione delle attività per l’intera durata del servizio, riservandosi dei momenti di confronto in itinere così da condividere eventuali problematicità o punti di forza.

Le attività devo incentivare lo stare in gruppo così che ogni bambino possa portare il suo contributo, ad esempio creando un tema che permetterà ai bambini di sentirsi parte del gruppo, dando spazio alla creatività attraverso la canzone del gruppo, lo stemma, la bandiera, tutte delle possibile occasioni di condivisione dove ognuno può contribuire a modo suo, senza forzature o competizioni.

Oltre a creare delle attività accattivanti e includenti, è importante pensare quali potrebbero essere i possibili facilitatori e le possibili barriere che un bambino con disturbo generalizzato dello sviluppo potrebbe incontrare e intervenire in merito.

Primo elemento da considerare è il rispetto dei tempi del bambino, le attività non devono esser troppo incalzanti, bisogna lasciare uno spazio di pausa tra un’attività e l’altra e offrire sempre una scelta alternativa al gioco o all’attività, per interesse o necessità, che potrebbe essere quella di uno spazio tranquillo, morbido, con materiali selezionati appositamente così che vi sia sempre un opportunità alternativa per stare con i compagni e non sentirsi esclusi.

I ritmi della giornata devono essere pensati e organizzati in modo tale che siano rispettosi delle esigenze di tutti e valorizzando alcuni dei momenti importanti della giornata, come il pranzo, l’accoglienza, i saluti.

Ricordiamoci che il servizio non è fatto di sole attività, questi momenti, come il pranzo o l’accoglienza, sono occasioni importanti per lavorare ai fini dell’inclusione, questi spazi offrono ai bambini l’opportunità di conoscersi, di condividere e di socializzare con gli altri.

La progettazione educativa deve essere condivisa, preventivamente alla realizzazione, con tutte le famiglie del servizio così da permettere ad ogni bambino di conoscere in anticipo cosa accadrà durante settimana, una piccola anteprima accattivante.

Per alcuni bambini con disturbo generalizzato dello sviluppo questo risulta essere fondamentale, essere informati in anticipo, sentirsi raccontare più volte quello che accadrà, così da permettere un tempo prevedibile e conosciuto.

Una programmazione accattivante che catturi l’interesse dei bambini, ma non solo, anche inclusiva partendo dalla realizzazione stessa. Le comunicazioni non devono passare solo dal canale verbale ma anche ad esempio possono essere condivise in forma grafica così da renderle accessibili anche a quei bambini che non usano il canale verbale o scritto.

Immagini, parole, simboli possono essere modi per comunicare con i bambini, questo può diventare una modalità estesa a tutti i bambini, rendendo così anche la programmazione settimanale uno strumento includente.

L’educatore come facilitatore

Programmare significa anche conoscere i bambini del proprio gruppo, la relazione con l’educatore è importante, questo permette di avere una figura di riferimento che possa facilitare il bambino nella relazione con i coetanei e nella realizzazione dell’attività stessa, la relazione educativa è la chiave vincente affinché un servizio funzioni e sia uno spazio di crescita.

Lasciamo ai bambini il tempo per entrare in relazione con i compagni senza forzature, generiamo delle occasioni dove questo possa essere possibile offrendo ai bambini la possibilità di conoscersi, fare domande, aiutarsi e sentirsi parte TUTTI di una squadra.

Il centro estivo deve essere un opportunità di socialità per tutti i bambini, per questo il ruolo dell’educatore è centrale ai fini dell’inclusione, egli è un facilitatore, un tramite che permette di conoscere, scoprire e vivere appieno l’esperienza stessa sentendosi capaci, ognuno a modo proprio, e parte di un gruppo.