LE REAZIONI DELLA COPPIA ALLA DIAGNOSI DI INFERTILITA’
Nel 1974 Menning ha evidenziato come l’infertilità abbia un effetto destabilizzante sulla coppia che è chiamata a confrontarsi con tale realtà e ha descritto una serie di reazioni emotive e psicologiche che vanno dalla sorpresa e dallo shock iniziali, al rifiuto, alla collera, all’angoscia, ai sensi di colpa e ai vissuti di dolore e di perdita.
Inoltre, le procedure diagnostiche e terapeutiche, in alcuni casi, contribuiscono a potenziare tale impatto e per questo motivo si rende sempre più necessario approntare programmi di intervento che riducano il più possibile le conseguenze negative e contengano lo stress.
Gli studi hanno mostrato come vi sia una differenza nelle reazioni delle donne e degli uomini ad una diagnosi di infertilità: mentre le donne mostrano una maggiore difficoltà, che si estrinseca in vissuti di ansia, stress, rabbia, depressione, con ricadute sulla stima di sé e persino sul funzionamento cognitivo, negli uomini si rilevano livelli di distress meno impattanti, seppur presenti in misura significativa (Wright, 1991). In particolare, le donne più giovani e quelle per le quali la diagnosi di infertilità non ha una chiara spiegazione di ordine clinico paiono risentire maggiormente di questa condizione (McEwan, 1987).
Un livello molto elevato di stress è stato rilevato nelle coppie per le quali i trattamenti non hanno avuto successo ad un anno dalla prima visita (Benazon, 1992). Naturalmente queste evidenze non sono esemplificative delle modalità di funzionamento di tutte le coppie, poiché accade di frequente che talune, dopo una prima fase iniziale di intenso disorientamento e stress, si attivino per incanalare tutte le loro risorse nei percorsi diagnostici, trattamentali ed in eventuali interventi di PMA.
LA SOFFERENZA DELLA COPPIA E LE MODALITA’ DI COPING
Permane tuttavia il fatto che l’infertilità sia qualcosa di assolutamente imprevedibile, che mette alla prova desideri e speranze della coppia, facendo vacillare il sogno di diventare genitori e configurandosi come un vero e proprio evento traumatico.
Non è infrequente dunque che, a seguito della diagnosi, si manifestino vissuti d’ansia, cali dell’autostima, a cui si accompagna la sensazione di essere sbagliati, pensieri ossessivi e in alcuni frangenti sono identificabili veri e propri quadri depressivi. Secondo Cotoloni, la sofferenza talvolta può divenire così pervasiva da compromettere l’intimità della coppia e il funzionamento sociale e lavorativo dei due partners, che lentamente finiscono per canalizzare tutta la loro attenzione sulla dimensione corporea, sentita dolorosamente come vuota o “difettosa”.
L’impossibilità di divenire genitori viene vissuta come un vero e proprio lutto, a cui la coppia reagisce mettendo in campo differenti strategie per far fronte all’intenso carico emotivo.
E’ possibile dunque che ci si volga nella direzione della ricerca di un confronto attivo con la rete famigliare e sociale circostante, che si pone come un’alternativa all’evitamento, che può connotarsi nella forma dell’evitamento sia di emozioni o pensieri spiacevoli che di contesti o situazioni che evocano contenuti dolorosi (es. frequentazione di altre coppie con figli). Quest’ultima modalità spesso ha come conseguenza quella di fare sentire la coppia ancora più sola nel proprio dolore e in alcuni casi possono altresì emergere sensi di colpa e autoaccuse, inerenti eventuali stili di vita assunti da uno o entrambi i partner o per avere tardato nel tempo la decisione di diventare genitori.
Ecco perché, sin dalle fasi iniziali della diagnosi, può rivelarsi utile accedere a spazi di supporto emotivo, che possano aiutare la coppia ad affrontare la crisi, attingendo alle proprie risorse e mantenendo preservato il benessere di ciascun partner.